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Restrizioni sulle collaborazioni “a partita iva”

La Riforma del mercato del lavoro ha introdotto importanti novità circa l’impiego di soggetti titolari di partita IVA all’interno di aziende o studi, allo scopo di contrastare in particolar modo il fenomeno delle “false partite IVA”, ossia rapporti lavorativi formalmente inquadrati nell’ambito dell’autonomia, ma che, in realtà, mascherano altre tipologie di lavoro (parasubordinato o, addirittura, subordinato).

Presupposti
In particolare, si è stabilito che il rapporto di lavoro autonomo “a partita IVA” venga considerato rapporto di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:
– la collaborazione con lo stesso committente abbia una durata complessiva superiore a 8 mesi annui per 2 anni consecutivi;
– il compenso derivante da tale collaborazione costituisca più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di 2 anni solari consecutivi;
– il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso la sede del committente.

Dove ricorrano 2 dei descritti presupposti di presunzione e in assenza di prova contraria, ha luogo una riqualificazione del rapporto di lavoro come collaborazione coordinata e continuativa, oppure, nel caso in cui non sia presente uno specifico progetto, il rapporto di lavoro viene riqualificato come subordinato a tempo indeterminato. L’onere della prova del carattere effettivamente autonomo della prestazione è a carico del committente e non del lavoratore o degli organi di vigilanza.

Decorrenza
L’applicazione della norma descritta è, per ora, limitata ai rapporti instaurati successivamente al 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della L.92/2012. Per i rapporti in corso troverà, invece, applicazione dopo 12 mesi, consentendo alle parti di procedere all’adeguamento dei contratti in essere.

Esclusioni
A prescindere dall’eventuale sussistenza dei requisiti sopracitati, la nuova norma non opera mai nei seguenti casi:
– prestazione lavorativa caratterizzate da elevate competenze teoriche o capacità tecnico pratiche e svolta da un soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo minimo fissato per legge (per il 2012 è pari 18.662,50 euro annui);
– prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richieda l’iscrizione ad un Ordine ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati, dettando specifici requisiti e condizioni. Un apposito Decreto Ministeriale specificherà le attività a cui applicare l’esclusione.